Giovanni Anceschi
Chi sei, che cosa fai e dove hai studiato?
La mia carriera è molto colorata, confesso: ho cominciato come artista negli anni Sessanta dell’altro secolo e ho fondato il Gruppo T di arte cinetica e programmata.
Poi, non contento di questa cosa qua, mi sono domandato: qual è l’arte pubblica, l’arte veramente pubblica? È il design. E così sono andato a studiare nella scuola che allora era più attiva e più importante in questo campo, la Hochschule für Gestaltung di Ulm, e lì sono diventato visual designer. Poi sono andato nel terzo mondo e ho lavorato per la società nazionale del petrolio algerino, mi sono occupato di immagine coordinata, ho lavorato in mare in Africa per tre anni, finché sono rientrato in Italia e ho cominciato la mia carriera all’interno delle università, dove sono stato il primo professore di grafica – io ho 74 anni.
Una delle cose, però, che mi hanno sempre estremamente interessato è la pedagogia del design. E il nucleo assolutamente centrale e fondamentale della pedagogia del design è il basic design.
Cos’è il basic design?
È il cuore del cuore della nostra disciplina di designer, è proprio il centro centrale della disciplina. Se vi chiedono «che cosa fa un designer?» potete rispondere con sicurezza: «attribuisce una forma, una configurazione, agli oggetti del mondo che ci circonda».
La cosa per cui ci pagano è la qualità che noi attribuiamo a questa forma.
Un ingegnere, quando gli viene posto un problema – un’automobile ad esempio – pensa all’automobile come uno strumento per muoversi. Un designer ci mette dentro altro. E soprattutto – non sto parlando di uno stylist o di un formalista – deve fare molta attenzione alla qualità che assumono le forme degli oggetti. Guardiamo un po’ la qualità formale degli oggetti che abbiamo intorno: è molto molto bassa. Il nostro compito essenziale è quello di aumentare questa qualità.
Pensiamo a un sito: ci sono i siti belli e brutti; ci sono i siti che hanno una qualità interattiva e sofisticata, dove tu ci stai dentro bene: ecco, questa è la nostra competenza e il basic design insegna proprio a disegnare bene, a disegnare qualitativamente bene.
Perché studiare basic design?
In base alla mia esperienza, gli studenti che hanno fatto basic design diventano completamente diversi da quelli che non l’hanno fatto. Al Politecnico di Milano c’era questa situazione: c’erano delle sezioni in cui si studiava il basic design e poi c’erano dei corsi che non l’avevano, perché non c’era la possibilità di coprirle. Beh, c’era una bella differenza: i ragazzi che avevano fatto basic design, dopo aver frequentato il corso, avevano acquisito un qualcosa di assolutamente imbattibile che definirei come “sicurezza formale”.
Voglio raccontarvi un aneddoto – alla mia età gli aneddoti sono all’ordine del giorno. È un aneddoto che riguarda l’ingresso del basic design nelle università: ero professore ed ero membro del Dottorato di ricerca in Design; si presentò un dottorando che felicemente propose di fare il suo dottorato sul basic design. Allora accadde una cosa divertente: andai in riunione con tutti gli altri professoroni e presentai questa idea, spiegando che sarebbe stato parecchio interessante fare uno studio sul basic design. E fu a quel punto che guardai i miei colleghi e vidi che tutti avevano quella faccia che hanno solitamente i ragazzi quando vengono interrogati, quella faccia sfuggente con gli occhi che vanno un po’ di qua e un po’ di là… Rimasi scioccato, perché significava che non ne sapevano niente. Naturalmente dissero di sì, perché non sapendone niente non potevano certamente avere argomenti a sfavore. Finita la riunione uno di questi prof, molto simpatico, molto diretto, mi prese da parte e mi disse in milanese «ma cosa l’è sto basic design?». E così passai una buona ventina di minuti a raccontare, a parlare del fatto che il basic design comincia col Bauhaus, e che poi ci sono Klee e Kandinsky e poi Maldonado e così via. E alla fine di questo discorso, con gli occhi veramente brillanti, lui esclamò: «Ah! Ho capi’! L’è il mio stile!». Ecco, se veramente, veramente, dovessi dire cos’è l’esatto contrario del basic design la risposta sarebbe lo stile personale. Questo per raccontarvi com’è la situazione degli studi e della conoscenza di questa componente assolutamente essenziale del design che è il basic design.
Quali sono le tre invenzioni che secondo te hanno cambiato il mondo?
Sicuramente non sono tre, sono molte di più. Una cosa che non si dice spessissimo in questi casi, un’invenzione esemplare, è l’invenzione del sistema a caratteri mobili di Gutenberg. Se vogliamo, l’invenzione della scrittura stessa. E poi adesso tutte ‘ste robe elettroniche.
Tre cose che salveresti del mondo vecchio e tre cose che ti piacciono del mondo nuovo?
Devo confessare – forse sarà nella mia prospettiva un po’ da vecchietto – che io non vedo questa totale svolta tra i due mondi. Tutte quelle cose che sembrano delle terribili fratture in realtà non sono servite ad altro che a far proseguire, in realtà sono state solo delle grandi metamorfosi. Le cose adesso si sono trasformate e l’unica cosa che noi dobbiamo cercare di fare è aderire a queste metamorfosi.
I tre libri assolutamente da non perdere?
Non bisogna leggere solo tre libri, bisogna leggerne cento, duecento… Quasi non siamo – mi ci metto nel mezzo anche io – più capaci di leggere i libri.
Che cos’è, per te, Relational Design?
Relational Design, adesso, comincia ad avere un significato ormai stabilito: a me piace molto metterlo in collegamento con un certo tipo di cultura e di conoscenze che io ho da tanti anni. In particolare, io sono stato allievo di un filosofo importantissimo italiano, che adesso non viene più tanto considerato, che si chiama Enzo Paci. Enzo Paci era un filosofo relazionista e ha scritto un libro intitolato “Tempo e relazione” (il tempo è un altro tema centrale per me, per i miei interessi): trasferire il discorso delle relazioni nel mondo del progetto, del design, consiste nel progettare le relazioni fra le persone, cioè, gli oggetti, gli artefatti, i comunicati, tutto quello che viene progettato viene progettato in quanto è materializzazione delle relazioni.
Vogliamo conoscerti meglio: vuoi aggiungere altro?
Sono affetto attualmente da una cosa un po’ sgradevole che è l’insonnia e la mia dottoressa mi ha proposto di fare un corso di canto terapeutico… e allora io adesso, tutte le settimane, vado a cantare.