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“Relational Design è un viaggio per persone curiose e un po’ temerarie” – Intervista ad Aurora Rapalino

Multitasker, versatile e amante della comunicazione, proprio come il Master Relational Design: Aurora Rapalino è CEO dello studio di interaction design IdLab, socia di RITARITA – brand di moda indipendente made in Milano, e docente del corso Content Design e Strategy, in programma a marzo 2020 in collaborazione con Internazionale.


Hai visto nascere il master e lo segui sin dalla sua prima edizione: cos’è per te Relational Design?

Relational Design è un viaggio.
Ho visto studenti cambiare profondamente durante 
il master. Il fatto di avere compagni provenienti da tutta Italia e da varie parti del mondo (penso a Candice dagli Stati Uniti, Alexandra dalla Russia, Nuphap dalla Thailandia, Karin e Bin dalla Svizzera, Guadalupe dal Messico…) permette di confrontarsi e lavorare con persone con background completamente diversi.
Un altro elemento importantissimo secondo me sono i brief: si lavora sempre a progetti “reali” definiti con le aziende partner. I ragazzi devono poi svilupparli in tempi brevi (proprio come nella realtà). Questo li abitua a essere veloci e reattivi – qualità fondamentali nel mondo di oggi.

Aurora e gli studenti del master presso la redazione di Internazionale

All’interno del master tieni il corso Content Design e Strategy in collaborazione con Internazionale: di cosa si tratta? E come è cambiato nelle varie edizioni?
La parte online del mio corso, che inizierà il 2 marzo 2020, è più teorica ed è dedicata all’analisi (benchmark, case study, etc…) dei social media. Poi a Roma, in 4 giorni, svilupperemo la strategia di comunicazione di Internazionale KIDS, il nuovo mensile dedicato ai lettori più giovani. Sarà un workshop molto intenso in cui incontreremo la redazione del magazine e realizzeremo per loro un piano digital completo (piattaforme, target, tone of voice, flussi editoriali, etc..) con relativa visual identity. Il master è in continua evoluzione e ogni anno alcuni moduli – o i loro contenuti – cambiano per essere sempre al passo con le istanze del design contemporaneo e del mondo digitale: nelle precedenti edizioni del mio corso, ad esempio, abbiamo lavorato alla digital strategy di “Internazionale a Ferrara”, il festival del giornalismo organizzato da Internazionale; alla creazione di un podcast e, nel 2016, di contenuti per Snapchat (ricordate la famosa copertina?).

Quanto, dal tuo punto di vista, i social media stanno influenzando i fenomeni relazionali?
La prima cosa che facciamo (più o meno tutti) quando ci svegliamo è guardare Instagram. Non c’è altro da aggiungere…

A chi consiglieresti di iscriversi al master e perché?
Relational Design è per persone curiose e un po’ temerarie. Penso alla primissima edizione del Master nel 2013: era un format tutto nuovo, mai fatto prima. Abbiamo avuto 15 iscritti. Si sono fidati.

La nuova edizione del Master Relational Design inizia il 1° ottobre 2019.
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Il modulo Content Design e Strategy è in programma per marzo 2020.
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Un giardino digitale dove coltivare relazioni: intervista ad Anna Amalfi

Un passato da antropologa e una naturale inclinazione per le relazioni e le comunità – online e non: Anna Amalfi ha creato @ungiardinograndegrande, un “insta-giardino” digitale e collettivo che, attraverso immagini e brevi video, racconta gli spazi verdi e la loro cura mettendo in connessione utenti da tutto il mondo.
Il progetto sarà al centro del corso Social Gardening, che si terrà a novembre 2019 in collaborazione con SUPER, la Scuola di Arti Applicate del Castello Sforzesco.


Come sei approdata al Master Relational Design? E cosa ti ha lasciato, adesso che la tua esperienza si è conclusa?
Nel 2013 mi sono imbattuta online nel MOOC Design1o1, un corso di design online creato da Stefano Mirti. Dopo aver seguito i corsi e partecipato attivamente alla community che si è creata intorno a questo straordinario esperimento, ho collaborato come istruttore – con un particolare interesse al community management – a Design1o1 Redux e ho deciso di frequentare il master per completare questo percorso. Guardando a ritroso, questa è stata la prima lezione del master, prima ancora che iniziasse: investire tempo ed energia nelle relazioni prima di tutto.
Ogni modulo di Relational Design per me è stato come un puzzle, in cui dover trovare almeno una chiave comune (si lavora sempre in squadra!) per risolvere un gioco di relazioni sottili, che inizia proprio dalle persone con cui si lavora, poi va online, poi si prova a mettere su delle storie, dei processi e (se va bene) questi finiscono per trasformare anche le cose, le cose del mondo reale intendo. Questo continuo movimento online/offline è la parte più delicata e divertente della cosa: il gioco, il balletto. Almeno per me è stato così.


Il tuo progetto di tesi @ungiardinograndegrande coniuga la cura di uno spazio verde alla sua condivisione su una community digitale: com’è nata l’idea e come si è evoluta nel corso del tempo?
L’idea è di Stefano Mirti, che mi ha chiesto di documentare ogni giorno, per 365 giorni, la nascita e lo sviluppo di un giardino siciliano. Ho scelto come strumento le storie di instagram perché le trovo molto divertenti. Casualmente ho un piccolissimo giardino sotto casa quindi ho iniziato da lì: osservando la vita del giardino, facendo ogni giorno una foto e aggiungendo grazie agli stickers alcune informazioni che rendessero conto del luogo dove mi trovo, del passare del tempo, del clima, delle mie emozioni anche o semplicemente di cose che mi passavano per la mente mentre sto in giardino o quando penso al giardino ma mi trovo in altri posti.
Poi altre amiche di instagram, conosciute sempre grazie a Design1o1, hanno iniziato a fare lo stesso ed è venuto fuori questo insta-giardino collettivo, che ha un profilo dedicato e una squadra formidabile di giardiniere che ogni giorno selezionano le foto dei più bei giardini del mondo per il feed, mentre raccontano attraverso le storie di instagram il loro spazio verde: Italia, Croazia, Regno Unito, Svizzera, India, Russia, Germania, Australia… tutte queste #gardenstories vengono ripostate ogni giorno dal giardino, come fossero momenti diversi nella giornata di un unico giardino, grande grande, condiviso e diffuso, il cui fine ultimo è incoraggiare le persone a prendersi cura degli spazi verdi, dalla pianta sul balcone, al giardino di comunità del proprio quartiere. O crearne uno magari, non fosse altro che per avere buon materiale per le proprie #gardenstories!

La community instagram di @ungiardinograndegrande

 In che modo le nuove tendenze della comunicazione digitale possono veicolare – o plasmare – pratiche ritenute tradizionali, come il giardinaggio? E qual è il loro impatto?
Mamma mia che domanda difficile!
In generale direi che la possibilità di raggiungere un numero impressionante di persone, senza limiti geografici, in tempo zero, con costi minimi e usando l’inglese come lingua franca, costituisce un discreto vantaggio evolutivo rispetto a chi faceva la stessa cosa anche soltanto dieci anni fa. Inoltre i costi bassi consentono di sperimentare senza troppi patemi d’animo, e anche questo lascia una certa libertà di azione.
Con queste premesse diventa semplice trovare persone affini che abbiano voglia di collaborare, perché si sa che da soli non si arriva mai, ci si può anche annoiare parecchio strada facendo. Inoltre dai gruppi emerge un valore “X” che è superiore alla somma delle parti ed è quello che fa la differenza. E questo, nella mia esperienza, è stato fondamentale.
Mi sembra che su Instagram una discreta parte dei contenuti che funzionano abbiano come fondamento un saper fare, che è il fondamento delle pratiche cosiddette tradizionali: la cucina, l’illustrazione, la ceramica… Per quanto riguarda il giardinaggio, i giardini sono per loro natura luoghi un po’ speciali, luoghi di relazioni, luoghi dell’immaginario: hanno le radici sulla terra ma poi vivono sempre anche da qualche altra parte, nei miti, negli affreschi, nella letteratura quindi, con la doverosa umiltà, forse ha senso pensare che possano vivere e prosperare anche su Instagram, che non è nient’altro che un medium, un canale, quello che usiamo oggi.
In tre mesi, senza spendere un centesimo, abbiamo ottenuto la fiducia di diecimila persone che ci seguono, ogni giorno una media di tre-quattromila persone regala un cuoricino ai nostri post, il 10% di queste segue quotidianamente le nostre storie. Ogni volta che qualcuno ci regala la propria garden story sappiamo che esiste una persona in più al mondo che vuole contribuire attivamente a diffondere l’osservazione, l’amore e la cura per gli spazi verdi e per il pianeta.
Adesso facciamo un salto indietro nel tempo e vi racconto una storia. Vita Sackville West, poetessa, giardiniera, nota anche per la relazione con Virginia Woolf, per quindici anni a metà del ‘900 ha tenuto una rubrica settimanale di giardinaggio sull’Observer in cui raccontava del suo giardino nella tenuta di Sissinghurst. Offriva consigli e scambiava semi con i lettori, ma soprattutto creava e intratteneva relazioni umane a partire da quello che amava: il suo giardino. E i lettori poi diventavano visitatori paganti nel giardino di Sissingursth (operazione abbastanza inconsueta al tempo), dove magari andavano in cerca di ispirazione per i propri giardini, e così Vita riusciva a mantenere il giardino e contemporaneamente a diffondere l’amore per questa pratica tradizionale così importante per il benessere della terra, degli uomini, dell’ecosistema.
Adesso provate un po’ a trovare le differenze 🙂


Puoi darci qualche anticipazione sul modulo
Social Gardening, che si terrà a novembre 2019 in collaborazione con SUPER, la Scuola Superiore d’Arte Applicata del Castello Sforzesco?
Social Gardening è un esperimento: curare un giardino e far crescere una community, nello stesso modo e nello stesso tempo. Con le due insegnanti SUPER (in tutti i sensi) Cecilia Marra – illustratrice botanica e insegnante – e Francesca Dainotto – landscape designer ed esperta in giardini collettivi – proveremo a dare una risposta pratica: dal momento che ci sembra che giardini e communities seguano dinamiche simili, dall’attenzione alla pratica costante, dallo spazio necessario alla cura fino ad un istinto che non va mai trascurato, seguiremo gli stessi passi per far crescere con i nuovi studenti una community e i bei giardini dentro della scuola SUPER.
Sarà un corso ibrido in cui si incontrano e si combinano le sapienze tradizionali del giardinaggio e delle pratiche di comunità con i linguaggi tecnici dei nuovi media: useremo la terra, i semi, le metafore,  l’acquarello, alcune tecniche di progettazione, gli stickers, i video, le app e andremo in giro per Milano per conoscere dei giardini molto speciali e le persone che ci lavorano, poi racconteremo tutto sui social media, sarà una storia collettiva che, nelle nostre intenzioni almeno, aiuterà a saper stare bene e a proprio agio sulla terra e in comunità, online e offline. 

Scopri di più sul corso Social Gardening

 “Gioca” con @ungiardinograndegrande👇🏼

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Giornalismo e nuovi strumenti di comunicazione: il festival di Internazionale a Ferrara

[Foto di Francesco Alesi]


Da quattro anni Alberto Emiletti fa parte della redazione del festival di Internazionale a Ferrara e da poco si è imbarcato in un nuovo progetto dedicato ai lettori più giovani, Internazionale Kids. Lo abbiamo intervistato.

Il Festival di Internazionale a Ferrara è stato lanciato nel 2007. Come si è evoluto nel corso degli anni?
Dal 2007 a oggi sono cresciuti il numero di ospiti e di eventi in programma, ma soprattutto è aumentato il pubblico, passando da poco meno di 20 mila presenze durante la prima edizione alle 79 mila del 2018. Dalla seconda edizione organizziamo insieme a Cineagenzia la rassegna Mondovisioni, presentando a Ferrara otto documentari su attualità e diritti umani, spesso in anteprima per l’Italia, e dal 2012 fa parte del programma la rassegna di audiodocumentari Mondoascolti, a cura di Jonathan Zenti. Nel 2009 Internazionale e il comune di Ferrara hanno deciso di istituire il premio giornalistico Anna Politkovskaja, per ricordare la giornalista russa uccisa a Mosca nel 2006 e sostenere l’impegno e il coraggio dei reporter che si sono distinti per le loro inchieste. Nel corso degli anni si sono inoltre aggiunti i workshop a numero chiuso che si tengono durante le mattine del festival e i laboratori per bambine e bambini.

Femminismo, razzismo e nazionalismi sono state le macro-tematiche del festival nel 2018: quali sono, invece, gli argomenti per l’edizione numero XIII?
Il festival è nato con l’idea di realizzare una versione dal vivo di Internazionale, affrontando tutta la varietà di temi che ogni settimana i lettori possono trovare nel settimanale. Quest’anno si parlerà sicuramente di cambiamenti climatici, ma ci sono argomenti che avranno sempre spazio nel programma, come la politica internazionale, le migrazioni, i diritti umani e le questioni di genere.

Internazionale è nato nel 1993. Da allora ad oggi com’è cambiato il suo modo di comunicare?  Quanto i “new media” hanno influito sul mondo dell’informazione?
Negli ultimi anni sono aumentati gli strumenti per comunicare e ascoltare i lettori e lettrici (email, newsletter, sito web, social network, commenti sotto gli store Apple e Google, i canali Telegram, eccetera) e di conseguenza la comunicazione è più veloce e a tratti più personale (come per esempio i messaggi privati su Facebook). Ma penso che il tono sia rimasto lo stesso dei primi tempi, sempre molto rispettoso e curioso verso lettrici e lettori.
Per rispondere alla seconda domanda, invece, ci vorrebbe un saggio della Columbia Journalism Review. Un aspetto che mi sembra particolarmente importante è che oggi, con i nuovi mezzi d’informazione, è molto più facile non solo leggere le notizie, ma anche produrle. Credo quindi che la sfida sia capire la differenza tra notizie vere e false, o anche tra una notizia e una non-notizia: cosa è rilevante, e cosa non lo è? Questo è il grande problema che hanno portato i social network. Senza dimenticare che comunque continuano a regalarci anche tanta gioia.

Internazionale collabora con Relational Design dal 2016 e nelle ultime due edizioni del master il focus del modulo Content Design e Strategy è stato proprio il vostro festival del giornalismo. Come avete lavorato con gli studenti?
In questi anni l’incontro con gli studenti del master è sempre stato un momento di confronto molto proficuo, per fermarci a riflettere sul lavoro che facciamo e ricevere suggerimenti preziosi e nuove idee su come comunicare i nostri contenuti in modo efficace.

Ci sono nuovi progetti all’orizzonte?
Siamo molto contenti di come i due speciali dedicati ai bambini sono stati accolti dalle lettrici e dai lettori. Per questo Internazionale Kids diventerà un mensile e ci piacerebbe chiedere alle e agli studenti del Master Relational Design come raccontare sui social network questa novità.

Il Festival di Internazionale si terrà a Ferrara dal 4 al 6 ottobre 2019.
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Il workshop di Content Design e Strategy si terrà a Roma dal 20 al 23 marzo 2020.
Partecipa

Piazza Municipale durante il festival di Internazionale a Ferrara, ottobre 2016. Foto di Francesco Alesi

 

 

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Alessandro Mininno – Quando i social media sono diventati mass media

Alessandro Mininno è co-founder e CEO di Gummy Industries, agenzia di digital brand design, partner di Talent Garden, insegna a Digital Accademia e in diversi Master universitari (Università Cattolica di Milano, Bocconi, Università Cattolica di Brescia) ed è stato anche nostro docente, insieme a Fabrizio Betone, per i corsi Community Design e Comunicare il Territorio.

Quest’anno a Pane Web e Salame avete invitato a parlare i supercattivi di internet, tra cui i creatori di community di grande successo come Lercio, La fabbrica del degrado e Il Signor Distruggere, cosa possiamo imparare da questo tipo di approccio alla comunicazione?

Di colpo, senza che ce ne accorgessimo, i social media sono diventati mass media. Pervasivi, potenti e soggetti a distorsioneLe persone non hanno ancora capito come interpretarli e verificarne i contenuti.
Dobbiamo imparare a comunicare a un pubblico ampio, pop, trasversale – sapendo che non capirà, che crederà alle bufale e che condividerà i contenuti solo se parliamo alla pancia (e non alla testa).

Community, brand e gestione delle relazioni digitali: un top e un flop del 2016

Direi che il flop dell’anno è la campagna per il SI al referendum. Un budget di comunicazione di circa 1 milione e… hanno perso.

Top: tutta la comunicazione di Netflix, in particolare quella di Narcos https://www.facebook.com/pg/netflixitalia/videos/?ref=page_internal
ma anche antonio caprarica per the crown https://www.facebook.com/netflixitalia/videos/1295477930497509/
utilizzano i contenuti in modo nuovo e super potente.

In attesa della nuova Click this week, ci regali un paio di link dai browser del team di Gummy?

Certo, volentieri!
Ecco cos’è passato oggi dai nostri browser

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https://tinyletter.com/gummyindustries